La produzione di olio di oliva è limitata solo ad alcune aree nel mondo. A livello globale, in ordine di produzione, abbiamo: Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Portogallo, Marocco, Tunisia, Siria e Algeria. Ad oggi la classifica si presenta in questo ordine ma da qualche anno è in atto una vera e propria “corsa agli armamenti” in cui i Paesi stanno incrementando le proprie produzioni. È così presumibile aspettarsi variazioni significative nei prossimi anni.
Dai dati pubblicati a Luglio 2023 da ISMEA (ente pubblico italiano che opera nel settore agricolo e agroalimentare) l’Italia si colloca come il primo consumatore e importatore di olio extravergine di oliva al mondo e al secondo posto come capacità produttiva solo dopo la Spagna.
Nel 2022, l’Italia ha prodotto 264 mila tonnellate e ne ha importate 600 mila ma la cosa più interessante è che ne ha esportate 379 mila. Per quanto controintuitivo, l’olivicoltura italiana è riuscita ad esportare più olio di quanto ne abbia prodotto rivendendo all’estero parte dell’olio ottenuto tramite l’import. Questo non è solo il caso della campagna in analisi dai dati di Luglio 2023 ma è un dato ormai consolidato negli anni e osservabile nei rapporti degli altri anni redatti dallo stesso istituto.
Cercando di riassumere i dati raccolti in un periodo più ampio, si può stimare che il fabbisogno annuo italiano sia di circa 600 mila tonnellate a fronte di una produzione nazionale che oscilla tra 250-350 mila tonnellate. L’export rappresenta 350 tonnellate.
Perché i produttori italiani scelgono l’export e non si rivolgono al mercato interno?
Escludendo la parte di export che effettua rivendita di olio non italiano, la domanda da porsi è: perché i produttori italiani scelgono l’export e non si rivolgono al mercato interno?
Come è giusto che sia, l’export rappresenta una apertura a nuovi mercati e quindi alla possibilità di traguardare profitti considerevoli raggiungendo nuovi clienti auspicabilmente più facoltosi. È questa quindi la ragione per cui i nostri oli DOP/IGP 100% italiani realizzati con le olive e i frantoi delle nostre regioni subiscono lunghi viaggi e passaggi per arrivare infine nelle tavole dei nuovi clienti. Tutto questo, se fatto in modo strutturato, richiede notevoli investimenti, competenze e la creazione di accordi e relazioni internazionali i cui costi devono essere necessariamente ammortizzati in strategie di medio/lungo periodo. Inoltre non è trascurabile la questione ambientale. Infatti, il trasporto dell’olio richiede imballaggi adatti e lunghi trasporti ed entrambe le cose gravano sulla quota parte di CO2 equivalente imputabile al litro di olio. L’export così si mostra una strada poco sostenibile dal punto di vista ambientale.
Gli italiani acquistano principalmente olio italiano?
No. E’ presumibile che tutti gli italiani vorrebbero avere l’opportunità di poter acquistare olio di oliva nazionale ma nella realtà non riescono. Questo è facilmente osservabile dagli scaffali della grande distribuzione da cui si comprendono le difficoltà dei consumatori italiani. Nella grande distribuzione c’è grande offerta e si trovano nella stessa corsia oli di varia qualità, dai raffinati fino agli oli extravergine 100% italiani. All’aumento di qualità corrisponde un aumento di prezzo e così i prezzi al consumo variano molto per la categoria “olio”. Per poter essere sicure di acquistare un olio 100% italiano, il consumatore non può fare altro che acquistare DOP o IGP per cui il prezzo supera generalmente i 20€/litro tramite la grande distribuzione. In alternativa, il consumatore può acquistare direttamente dai produttori italiani utilizzando i loro siti web o le piattaforme specializzate. In questo caso i prezzi variano molto. Semplificando, possiamo dire che il prezzo per litro è di circa 15-20€ per i siti dei piccoli produttori. Questo prezzo cresce in presenza di prodotti DOP e IGP o in presenza di produttori che si presentano in modo maggiormente curato. Anche le piattaforme online specializzate presentano la stessa tendenza. Il prezzo in questo caso può variare da 30€ a 50€ per litro. E’ bene ricordare che l’acquisto tramite e-commerce ha anche la necessità di dover aggiungere le spese di spedizione che in generale vengono eliminate al superamento di determinati importi.
In entrambi i casi i prezzi superano di gran lunga la capacità di spesa media delle famiglie italiane e così l’olio di qualità italiano diventa un prodotto non accessibile.
Investire nel mercato interno
L’export è sicuramente una risorsa importante per il comparto ma investire allo stesso tempo anche sul mercato interno per la creazione di condizioni maggiormente favorevoli per i produttori e i consumatori, potrebbe rappresentare una piccola rivoluzione da innumerevoli effetti benefici per tutte le parti coinvolte. Favorire il mercato interno significa ridurre i costi di produzione e commercializzazione e coprire la fetta di mercato che oggi è destinata agli oli non italiani di qualità inferiore. Il minore costo di produzione dovrebbe tradursi in minore prezzo al consumo e così un ampliamento del pubblico a cui è destinato l’olio extravergine di oliva.
L’investimento sul mercato interno dovrebbe poi comportare anche l’incremento produttivo italiano al fine di creare una minore dipendenza dall’import e rispondere al mercato italiano non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi. Non per ultimo, investire sul mercato interno contribuirebbe anche alla riduzione dei trasporti e di conseguenza a una riduzione degli impatti ambientali.
Il caso della Tunisia
In questi giorni, un piccolo esempio in tal senso, ci viene fornito dalla Tunisia in cui in completa controtendenza con il caro olio internazionale, il governo di Tunisi ha deciso di ridurre il prezzo dell’olio al fine di rafforzare il mercato interno e consentire ai propri cittadini di poter acquistare un prodotto alimentare essenziale alla salute. I consumatori hanno accolto con estremo entusiasmo questa iniziativa acquistando in poche ore milioni di bottiglie (Fonti: teatronaturale.it, agenzianova.com, igrandivini.com).
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